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Arrivederci bar delle mamme

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Da una manciata di ore è finita la scuola. La disperazione è attorno a noi, ovviamente.
[Piccola parentesi a tutti coloro che un po’ a volte parlano a vanverona: il fatto di essere, in quanto madre, ASSOLUTAMENTE DISPERATA perché la scuola è drammaticamente finita e di cercare ogni modo per PIAZZARE mia figlia un po’ dai nonni, un po’ dai miei amici e un po’ in centri estivi costosissimi, non fa di me una pessima madre. Il fatto di inserire vignette ironiche che contemplino la mia totale preoccupazione per i miei nervi visto che conviverò appiccicata alla mia nana portatrice sana di lagna, non fa di me una pessima madre. Io l’ho fatta e me la tengo e non potrei sognare la mia vita diversa da come è ora, però stateci voi tre mesi senza respirare neanche un secondo. Ah giusto, voi siete perfetti, ops. Vabbè, allora almeno in silenzio stateci, perché qui si ride e si scherza e sì, mi lamento di mia figlia, sì, mi piacerebbe una scuola chiusa solo un mese e sì, c’ho sia gli affari miei perché una madre non è solo una madre e ho pure un lavoro grazie al quale riesco sul filo del rasoio a rendere i suoi sogni realtà, per cui il mutismo a questo punto, da parte vostra, non mi dispiacerebbe AFFATTO.]

Dunque dicevamo che sono una persona disperata; eccoci. No perché lo stavo giusto dicendo prima al telefono a un’altra mia amica mamma, qui la cosa ora si fa serissima, come ogni giugno e ogni settembre, quando finisce o inizia un nuovo anno da gestire. Praticamente se uno mi mettesse nella condizione di avere la sveglia tutti i giorni alle sette e mezza in un moto perpetuo e mi dicesse “vai che non cambierà manco un po’ la giornata“, oh, io sarei felice. No, magari felice felice no, ma almeno rilassata. Invece ora qui è tutto indecentemente diverso! Tutto cambierà, come prima fra tutte la mia mattinata, il mio inizio, l’inizio di ogni mamma.

Perché l’equazione mi sveglio-porto figlio a scuola-urlo alla piazza femminea e materna davanti scuola “CAFFE’????” – degusto un nero succo – dico diciotto stronzate – inizio la giornata, ora è svanita.

Nulla più.
Se ne riparla fra tre mesi.
E mò?

Il bar a inizio mattina per un gruppo di mamme è come l’antico agorà per antichi e nobili filosofi. Nulla è più forte della forza di questo luogo.

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Arrivederci bar delle mamme

La prima volta che ho assaggiato un po’ di bar non ero neanche madre, portavo una bimba a scuola come baby sitter, la stessa dei miei fratelli, lì incontrai la mia di madre con tutte le amiche al seguito. Mi porsero un caffè e io zitta zitta in un angolo mi facevo accarezzare dalle loro storie, dai loro drammi e dalle mille avventure che in venti minuti si dovevano raccontare. Pensavo fosse follia pura, un gineceo talmente variopinto da farmi girare la testa. Il volume delle voci si alzava o abbassava a seconda di chi entrava, gli sguardi poi erano da film western. Tutte avevano la notizia del giorno, tutte avevano ragione e torto contemporaneamente, tutte si volevano bene.

Nulla di questa dinamica è cambiata ora che tra queste splendide e coraggiose fanciulle ci sono anche io. Io, che poi sono la più piccola, quella disastrata emotivamente, il giullare, quella dalla lacrima facile sia per ridere che per piangere. Di bar se ne sono cambiati un bel po’, dal tipico e classico sotto la scuola, ma troppo “trafficato”, da quello di nicchia con le cameriere hypster radical sto cazzo; poi c’è stata la fase del baretto nuovo nuovo un po’ più là, ma era troppo piccolo e non se poteva urlà. L’ultimo è stato il mio preferito, quello dei sogni, quello però stagionale potrei dire: il bar in piazza.
Quello che te siedi e devi urlare per far uscire qualcuno, che poi esce e lo conosci come in un paesino e lui sa tutto sempre di tutte noi a partire da come beviamo il caffè, che si ferma e ci delizia dei suoi migliori complimenti, per ognuna diverso. Dove saluti chi ti passa accanto e ridi forte e fumi un po’ di più perché stai all’aperto.

In un bar del genere ognuna di noi ruba le sedie al vicino e crea il circolo ricreativo unicamente al femminile e si stacca per un po’, per una manciata di minuti non sei più una casalinga, una direttrice di banca o un’insegnante di yoga, non hai “solo” trent’anni o centoventisei, sei un’amica, che di lì a poco inizierà la sua giornata, ma per il momento se ne sta seduta, sapendo che il figlio è a scuola e che ci si può un secondo rilassare.

In questi attimi ho fatto amicizia con persone con cui non avrei mai immaginato di proferire neanche mezza parola, ho conosciuto mariti deliziosi che cercavano di entrare in questo insieme di ormoni e timidamente offrire colazioni a tutte, ho riso tantissimo e chiarito faccende scolastiche, ho sfogato i miei momenti più dolorosi e ascoltato e consolato. Ho festeggiato il mio compleanno.

Il bar per una mamma è come quasi un secondo figlio, adulto, che vedi poco durante la giornata, ma che ti gusti e ami il tempo che basta, che ti manca infinitamente quando non c’è e che ti riempie il cuore quando torna. Il bar per una mamma può sembrare una stronzata e va bene così. Che questi venti minuti siano solo per noi.

A presto, e buon riposo, ci rivediamo a settembre cariche di storie e di energia.

Tanto so che starai lì ad aspettarci, starai lì ad aspettarmi.


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